Mercoledì sera, come mezza Italia stando agli ascolti tv, ho visto Sanremo e sono rimasta colpita dal discorso di Chiara Ferragni.

Ammetto di non essere una sua particolare fan ma la stimo per ciò che ha saputo costruire e una piccola parte del suo monologo mi ha portata a riflettere sulla mia esperienza personale e lavorativa. Ecco perché questo articolo non parla di traduzione ma di Chiara Ferragni, maternità e freelance.

Non me ne vogliano i seguaci della Ferri ma… ciò che segue non è uno scritto ricco di elogi per il suo monologo. L’unico punto a favore della sua apparizione a Sanremo, per quanto mi riguarda, è stata la capacità di portarmi a riflettere nero su bianco sul concetto di maternità e freelance e dell’esperienza che ho vissuto negli ultimi 20 mesi.

La Ferragni, o chi ha scritto il suo discorso, mi trova perfettamente d’accordo quando parla di una società e cultura che ancora ad oggi punta il dito sulle mamme lavoratrici, su quelle donne che hanno il desiderio di investire sulla propria carriera oltre che sulla famiglia.

Mi viene un po’ il prurito quando si parla di questo argomento proprio perché, da quando sono diventata mamma, ho dovuto rapportarmi con una serie di giudizi e commenti sul tema, del tutto gratuiti.

Di maternità e freelance

Da metà 2021, e ancora di più dalla nascita di Ginevra, ho cercato di portare avanti le due sfaccettature “ufficiali” di me: l’essere mamma e una freelance. Ce ne sono tante altre, meno ufficiali, tra cui quella di avere diverse amicizie che continuo a coltivare, di volermi ritagliare del tempo per stare sola con mio marito, per la corsa mattutina, di amare ancora alla follia il cinema e i viaggi. Tutto ciò senza sentirmi in colpa o meno mamma.

Piccola parentesi: il motivo che mi ha spinto ad accantonare l’invio delle mie newsletter è la mancanza di tempo e, in assenza di questo, ho cercato di definire quali fossero le attività con maggiore priorità rispetto ad altre. Ecco perché se sei tra i miei iscritti è da ottobre che non ricevi più mie notizie nella tua casella di posta elettronica. Le traduzioni, i clienti, i preventivi, al pari con la mia famiglia, vengono prima. Aggiungiamoci poi che a breve, anzi a giorni, nascerà la nostra seconda bimba, Giorgia, e che la mia mente in questi 9 mesi sia stata anche occupata a portare avanti una seconda gravidanza a distanza di 14 mesi dalla prima.

Ma torniamo al succo della storia. Nonostante il mio impegno nell’organizzare vita privata e lavorativa, cercando di non assentarmi più di tante dal panorama business per non perdere troppo terreno e nel contempo imparando ad accettarmi come neo-mamma, sempre più spesso ho avvertito il peso del giudizio sul mio stile di vita: l’essere, per appunto, una mamma e una freelance con una sua attività.

Un giudizio esterno ma spesso anche interno, del quale mi prendo tutta la colpa e che è ancora più difficile da contrastare rispetto al primo.

Ecco alcuni commenti…

Ma come, torni a lavorare dopo un mese dal parto?“; “Ma scusa, non c’è tuo marito che porta a casa lo stipendio?“;”Veramente vai a Parigi e lasci la bambina così piccola a casa?” (tralascio le risposte a questi o ad ulterirori commenti sul viaggiare fino al 7° mese, così come sul fatto che abbia lavorato fino a questo lunedì, a pochi giorni dal termine, come se la gravidanza fosse una malattia e l’unica soluzione fosse quella di starsene sul divano tutto il giorno, tra Netflix e il fare a maglia).

Tutto ciò, contornato dal mistero per cui da “traduttrice freelance“, mentre ho continuato imperterrita a costruirmi una carriera e una professionalità libera ed indipendente, mi sia trasformata esclusivamente in “mamma”. Ed ecco piovere la sfilza dei “grazie mamma” all’invio di un preventivo o di un messaggio, “ciao mamma“, all’inizio di un appuntamento lavorativo. Mio marito, dopo aver inviato un preventivo, non si è mai sentito dire “grazie papà”. Così, per dire.

È un commento che, soprattutto quando sussiste il solo rapporto lavorativo, mi identifica e incasella in una sola delle figure che ricopro nella mia vita. Io non sono la tua mamma, per la cronaca (I ain’t your mama, cit J.lo).

Praticamente non importa quanto tu sia stata in grado di organizzarti tra sonnellini pomeridiani della piccola, malattie, visite pediatriche e annessi, consegnando anche in anticipo le traduzioni commissionate. Non ha importanza che ti sei alzata alle 5 per infiocchettarti un minimo per andare ad un appuntamento lavorativo, cercando di far sparire le occhiaie risultato della notte insonne perché la bimba ha il raffreddore, prendendo i vestiti più belli che ancora riesci ad indossare nonostante la tua pancia stia lievitando come un panettone nelle settimane precedenti al Natale e, sia lì, presente, con il sorriso, tutta la tua attenzione, cercando di essere sempre sul pezzo… no, tu comunque sei sempre vista esclusivamente come una mamma.

Ciaone alla traduttrice freelance e a tutti i tentativi di essere vista ANCHE come una professionista.

Di Chiara Ferragni: ma si tratta di sessismo?

La Ferragni nel suo monologo, sempre a mio parere, ha cavalcato l’onda del femminismo galoppante, anche un po’ tanto ovvio.

E questo è esattamente il punto sul quale mi discosto da lei. La difficoltà nel voler accettare una donna che punta sulla propria famiglia E sulla sua carriera, credo sia ben lontana dal concetto di sessismo e femminismo. Fa parte di un tema più generico e complesso che è quello della maternità.

Molti dei commenti che sopra ho citato, infatti, mi sono stati mossi da uomini ma anche da tante donne. I giudizi che provengono da loro, soprattutto se mamme, sono al pari di quelli provenienti dal mondo maschile e, anzi, mi hanno stupita di più.

Belli gli slogan femministi, le iniziative in rosa, le canzoni “oltre alle gambe c’è di più”, bello tutto ma la realtà è che poi, questa grande solidarietà femminile viene meno proprio quando ce ne sarebbe più bisogno.

Tra donne, dovremmo essere più unite, comprenderci maggiormente, smetterla di dividerci tra mamme dipendenti, mamme libere professioniste, senza giudizi sulle scelte di vita di una e dell’altra. Abbiamo una cosa in comune che è la forza dell’essere diventata mamma. Una forza che io, quando Ginevra non era ancora minimamente nei miei piani, ignoravo ma che ad oggi reputo essere immensa, a tratti da sembrare quasi soprannaturale. E appartiene a tutte, indipendentemente dalle scelte lavorative e di vita che facciamo.

Il discorso, per quanto mi riguarda e per la mia esperienza, non è sessista ma riguarda tutti. Uomini e donne.

È a causa di tutti questi giudizi gratuiti e della superficialità generale che, alla lunga, ci si crea un senso di colpa interno. Una tremenda sensazione di non essere all’altezza, né come professionista né come mamma. Ho permesso che accadesse anche a me, di sentirmi inadeguata e in colpa tante volte finché non è arrivato il momento in cui ho capito che era ora di dire basta.

Fortunatamente nella mia vita ho una serie di bellissimi esempi di donne-mamme che hanno attraversato lo stesso percorso in passato o che lo stanno vivendo in questi anni e alle quali posso ispirarmi.

Quindi, se sei tra quelle lavoratrici (freelance o meno) che prova la pesantezza del senso di colpa o dei giudizi sulle proprie scelte di vita dal momento in cui diventa una mamma, sappi che la squadra è grande e che il modo migliore per sconfiggere questa sgradevole sensazione è continuare ad essere come sei, non curandoti dei giudizi altrui. Il vecchio guarda e passa, insomma.

Perché maternità e freelance sembrano essere inconciliabili?

Puntare sulla crescita professionale, della propria carriera e della parte personale, della famiglia, è possibile nello stesso tempo. Ora, ad esempio, sto scrivendo una serie di contenuti per il mio blog da pubblicare nel mese che mi prenderò di pausa maternità, con accanto la piccola Ginevra che fa il riposino pomeridiano e Giorgia che balla la breakdance nella mia pancia.

Mi sento meno mamma perché non sto qui a misurare i movimenti di Giorgia o ad ammirare Ginevra nella sua copertina morbida? Assolutamente no.

Allo stesso modo, mi sento meno professionista perché non sono seduta ad una scrivania vestita di tutto punto ma sono in tuta e sul divano? Nemmeno.

Questo è l’unico modo che ho, ora, per conciliare le due cose e per farle al meglio delle mie possibilità. Verrà il momento in cui tornerò in ufficio, con le spoglie da freelance e chiudendo il pc, andrò a riprendere le mie bimbe a fine giornata, per vestire i panni della mamma. Ma non ho fretta, perché amo godermi anche questi attimi.

Mi piace essere libera di organizzarmi a tal punto da decidere dove, come e quando lavorare e quanto tempo passare in famiglia.

Io onestamente non riesco a parlare alla me bambina, come invece ha fatto la Ferragni, perché credo che la bimba-Eleonora tante cose all’epoca non le capisse, non le immaginasse nemmeno e che fosse tanto ma tanto diversa dall’adulta che sono oggi. Pausa contrazione.

Però, mi rivolgo alla me del presente: ogni giorno lavoro per essere la migliore versione di mamma che posso essere, per Ginevra e anche per la piccola Giorgia che a breve completerà la nostra famiglia. Continuerò a far crescere la mia professionalità e attività, coinvolta in tanti progetti, come ho fatto in questi ultimi anni.

E ora che ho imparato a prendere con il sorriso i commenti, i giudizi di questi mesi, mi sento più leggera e sicura.

Adesso, posso dire che adoro essere mamma, adoro essere una freelance con la libertà di decidere del mio tempo da passare con la mia famiglia senza dover chiedere ferie e permessi a qualcuno, adoro poter scegliere se lavorare di sera o di notte se il tempo di giorno manca, occuparmi di traduzioni, di preventivi, di nuovi progetti, con nuovi clienti mentre invento nuove attività giornaliere per la piccola, penso allo spannolinamento della prima o all’allattamento della seconda.

Adoro andare a dormire soddisfatta di come stanno crescendo e imparando le due versioni di me.

Sono Eleonora: un concentrato di mamma, traduttrice freelance ed entusiasmo per la vita che ho. Grata di ogni singolo aspetto.