L’altra sera, al termine di un corso di inglese, mi sono sentita fare uno dei complimenti più belli che un’insegnante di lingue possa ricevere. Con sua grande sorpresa lo studente si è reso conto di riuscire a capire una lingua straniera e molte più parole rispetto a prima. Era cambiato il suo orecchio, più attento a suoni diversi da quelli che quotidianamente ascolta.

È proprio così che succede quando alleni l’ascolto con una lingua. All’inizio capisci poco, forse quasi nulla. Poi, alla tua mente giungono solo poche parole e con il passare del tempo, sempre di più, fino a stupirti di quanto tu riesca a capire. Quella sensazione di stupore è il complimento che mi si possa fare dopo una lezione ed è una delle più grandi soddisfazioni che come studente si possa provare.

Avere la prova tangibile dei cambiamenti fatti, dopo tanto esercizio, ripaga di ogni sacrificio. Fa parte di quei lunghi percorsi che quando ti permettono di raggiungere un obiettivo, ti sembrano tutti in discesa.

Un po’ come quando si inizia una nuova dieta. Ci si impegna, si fanno sacrifici, ci si allena e il corpo non cambia, almeno non subito. Poi improvvisamente un giorno ti guardi allo specchio e…eccola lì, la forma che stavi cercando.

La parola chiave nello studio di una lingua straniera è costanza. Non esiste traduttore automatico, un corso rapido, una bacchetta magica per imparare. Bisogna applicarsi, essere costanti ed essere fiduciosi che i risultati arriveranno.

Perché per capire una lingua bisogna “farsi l’orecchio”?

Mia zia, insegnante di inglese ora in pensione, mi ha sempre ripetuto quanto fosse importante farmi l’orecchio. Ammetto di averci messo un po’ di tempo a capire cosa significasse. Pensavo fosse una delle solite frasi tipo “mangia le carote che ti vengono gli occhi belli” ma che non avesse un fondamento scientifico. E invece, ce l’ha. Tutto ciò viene contemplato dalla neurolinguistica, scienza che studia le tecniche e i metodi della linguistica, anche in materia di lingue straniere.

Ogni lingua ha frequenze differenti.

frequenze lingua straniera

Partiamo da questo importante presupposto. Le frequenze sonore di una lingua, denominate “bande passanti“, sono le zone entro le quali emettiamo e produciamo i suoni in una determinata lingua. In una banda molto ampia, ci sono ovviamente più suoni da intendere e riprodurre.

L’italiano è incluso in una fascia relativamente piccola, tra i 2.000 e i 4.000 Hertz. Il francese e lo spagnolo appartengono a fasce ancora più basse, aggirandosi intorno ai 1.000-2.000 Hz nel caso del francese e addirittura dei 125-250 Hz per lo spagnolo. Invece, la lingua inglese (British English) comprende .una fascia che parte dai 2.000 fino ai 12.000 Hertz. Lievemente diverso è invece l’inglese americano (American English), con frequenze più vicine a quelle dell’italiano (1.000-3.000 Hertz).

Salta quindi subito all’occhio quanto alcuni suoni siano molto più ampi e alti rispetto a quelli della nostra lingua. Secondo Alfred Tomatis che condusse degli studi su questa tematica, è impossibile riprodurre dei suoni che il nostro orecchio non riesce a sentire.

A tutto ciò si aggiunge il ritmo che varia da lingua a lingua e i suoni che nella propria lingua madre non esistono. Ecco perché in alcuni casi non è facile e immediato capire una lingua straniera.

Alcuni esempi di suoni

Prendiamo come esempio il th inglese che in italiano non esiste. Quello che insegno nei miei corsi è di far vibrare la lingua tra i denti, finchè non senti che ti solletica.

Oppure la r francese. Si parte con un suono più gutturale, a gargarismo, per poi passare con il tempo a limarla fino a raggiungere la r perfetta. O ancora nello spagnolo… credi basti inserire una s in finale di parola? E sei proprio certo quella s di saperla pronunciare?

Per tutto questo ci vuole esercizio, applicazione e come già detto tanta costanza.

Quale metodo di apprendimento si può usare?

Nei miei corsi non applico il sistema “listen and repeat” (ascolta e ripeti). Trovo che questo non sia utile con la finalità di imparare a riprodurre i suoni perché se non si sa come riprodurli, si rischia di adattarli in qualche modo ai suoni della propria lingua madre e al proprio range di frequenze.

Ciò che è veramente utile invece è capire come riprodurre un suono, fare molta pratica e ascoltare tutto ciò che si può in lingua.

Consiglio podcast, film, audiolibri, radio. Qualsiasi supporto che riproduca i suoni di una lingua straniera vanno bene.

Non importa che tu non abbia sempre tempo di ascoltarli e prestare attenzione. Per “farsi l’orecchio“, come insisteva dire mia zia, è sufficiente mettere in sottofondo una conversazione in lingua straniera anche mentre si fa altro: mentre cucini, ti alleni, stiri o sistemi la stanza.

Se fatto tutti i giorni, ti assicuro che nel giro di poche settimane, il tuo orecchio ringrazierà di averlo abituato ad altri suoni diversi da quelli che era abituato ad ascoltare e che proverai la stessa sensazione di soddisfazione di cui parlavo all’inizio: ti stupirai di riuscire a capire una lingua straniera.

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